Sant'Antonio Abate a San Polo (Arezzo)

Scheda a cura di: Umberto Senserini

La pittura murale raffigurante S.Antonio Abate è un opera che si trova nella chiesa di San Polo piccolo borgo situato in provincia di Arezzo e realizzata nella seconda metà del XV° secolo.

L'artista a cui è stata commissionata la realizzazione non è a noi noto , ma probabilmente è daricercarsi nell'ambito degli artisti che lavoravano in quel periodo nei dintorni dell'aretino.

Il S.Antonio è realizzato con la tecnica del buon fresco utilizzando poche giornate di lavoro in quanto l'opera è di dimensioni piuttosto contenute e le parti ad elevato livello di difficoltà sono esclusivamente quelle anatomiche vale a dire il volto e le mani.

La tecnica per il trasporto del disegno è quella dello “spolvero” , molto usata in quel periodo , che permetteva una grande precisione e sicurezza soprattutto nei dettagli più complicati della realizzazione , permettendo di ottimizzare al massimo il tempo necessario alla stesura dei colori nella porzione d'intonaco prescelta.

Questo modo di trasporto del disegno detto “spolvero” , viene ottenuto facendo dei piccoli forinei contorni del cartone preparatorio realizzato dall'artista appoggiandolo a sua volta nella parte da realizzare e spolverandolo con il pigmento contenuto all'interno di un panno appositamente preparato per tale operazione . La parte di pigmento in polvere che passa attraverso i forellini appositamente predisposti va a depositarsi sulla superficie ancora bagnata e pronta per essere dipinta e carbonatando insieme alla calce contenuta nell'intonaco pittorico viene fissata in modo indelebile rimanendo come traccia realizzativa. In questo affresco si può notare che è presente un altro tipo di tecnica di trasporto del disegno , ( cosa non molto frequentemente usata ) cioèl'incisione diretta sulla superficie da dipingere . Questa consiste nell'incidere con un oggetto appuntito direttamente la forma da realizzare sull'intonaco fresco in modo che rimanga ben visibile ciò che l'artista deve fare , avendo sempre ben presente la corretta divisione degli spazi da riempire soprattutto per quanto riguarda la parti architettoniche , come ad esempio nel caso specifico archi e colonne . Nell'opera in questione la particolarità che si può notare è che l'incisione diretta è stata usata sia per la delimitazione dell'aureola cosa molto frequente , ma soprattutto per delimitare una parte anatomica fondamentale come la testa dell'unico personaggio presente il S . Antonio Abate.

L'utilizzo di tali tecniche usate contemporaneamente può far pensare che da parte dell'artista chel'ha realizzate ci sia stata una sorta d' incertezza nel dover dipingere a buon fresco , in quanto questa tecnica non permette tempi di realizzazione molto lunghi e soprattutto è quasi impossibile apportare correzioni in corso d'opera se non demolendo la porzione d'intonaco che il pittore sta dipingendo.

Altre cose interessanti che possiamo notare osservando molto attentamente l'affresco sono le zonedell'opera lasciate come si dice in gergo a “risparmio”, ovvero le parti che non avevano bisogno di essere dipinte perché in seguito sarebbero state completate con tecniche realizzative diverse dal buon fresco come la parte all'interno dell'arco eseguita a tempera ausiliaria in cui si intravedono piccoli residui del “morellone”colore preparatorio per la stesura finale di azzurrite . Come notol'azzurrite è un pigmento a base di sali di rame molto sensibili alla basicità della calce perciò inadatti nell'uso del buon fresco . La parte riguardante l'aureola è stata risparmiata visto che sarebbe poi stata applicata la doratura a foglia d'oro mediante un legante oleoso di cui sono rimaste solo poche tracce attualmente visibili. Detto questo e dopo aver osservato attentamente il modo in cui è stata realizzata l'opera si può anche pensare che essa appartenga non ad un artista di primo livello ma bensì a qualcuno di buona mano che potesse far parte della cerchia di aiuti di tale artista .

 

Veduta d'insieme (foto: A. Benci)Particolare (Foto: A. Benci)Particolare luce radente (foto: A. Benci)