Sant'Atonio Abate a Saione, dipinto su tavola

Scheda conservativa del dipinto della chiesa di Sant'Antonio Abate in Saione (Arezzo)

A cura di: Rossella Cavigli

Venanzio Bolsi, Sant'Antonio Abate, chiesa di Sant'Antonio Abate, Arezzo, dt. 1933 e ft.
cm 110 x 90

La data 1933 coincide con quella della fine dello status di chiesa parrocchiale provvisoria dell'oratorio o chiesa di Sant'Antonio Abate (Padre Camillo Bensi, Padre Lorenzo Lazzeri, I cinquantuno conventi dei Frati Minori in Toscana, Firenze 1985, p.186). Nel 1936 viene consacrata la nuova chiesa di Saione.
Nella scheda relativa alla chiesa, nell'archivio “Del Vita”, presso la Soprintendenza, non si fa menzione della presenza del dipinto.

Tecnica esecutiva
L'opera è costituita da una tavola inserita in una cornice di carattere neo-gotico (fig 1). Il dipinto è eseguito su un supporto ligneo costituito da un'unica asse di 1 cm di spessore, probabilmente di multistrato, completamente ammannita sul retro, per cui di difficile caratterizzazione finché la tavola resta inserita nella cornice; sul retro è presente la scritta “VENANTIUS BOLSI PINXIT A D MCMXXXIII” con una correzione sulla “X” (forse in sostituzione di una “G”) (fig 2). La cornice è costituita da regoli modanati sul fronte, di cm 4,4 di spessore, con predellina in basso in cui è riportata la data dorata su fondo colorato (fig 3); la sua doratura pare eseguita con foglie metalliche.
La figura del santo è impostata con incisioni e la materia pittorica presenta stesure spesse su una preparazione bianca, gessosa; sullo sfondo è presente una doratura con motivi decorativi impressi sul perimentro e sull'aureola (fig 4).

Stato di conservazione
Tutte le superfici del dipinto sono pesantemente offuscate dal nerofumo prodotto dal continuo consumo della gran quantità di candele che avviene nella chiesa; sul davanti sono presenti anche schizzi di cera (fig 5); si evidenziano le tracce di strofinature per la rimozione dei depositi superficiali. La superficie pittorica è interessata da piccole lacune prodotte da danni accidentali (fig 6), come probabilmente il solco sulla doratura sopra la figura del bue (fig 5). Sul bastone è stato inciso un nome e cognome “Ida Licci...” presumibilmente da una devota (fig 6).