Cultura & Culture

L’attuale riforma del MIBACT ha comportato, all’interno delle Soprintendenza,  l’individuazione di un’area dedicata alla tutela dei Beni demo-etno-antropologici.

Si tratta di un tema complesso, largamente dibattuto all’epoca degli studi che portarono alla redazione della legge 1089/1939: all’epoca i legislatori e i tecnici addetti –tra i quali Giuseppe Grisolia- trovarono arduo individuare le forme adatte per tutelare beni così difformi dagli edifici monumentali, o dalle opere cosiddette mobili. Per questi, si trattava in sostanza di preservarli il più possibile “così come erano”, o come erano stati. Per gli oggetti d’uso, per la cosiddetta “arte popolare” e –soprattutto- per l’immenso patrimonio di “beni immateriali” (dai racconti, alle canzoni, ai proverbi, alle filastrocche, ai saperi legati ai mestieri, alle processioni, alle tradizioni in genere e via dicendo) utilizzare gli stessi parametri risultava spesso impossibile,e, comunque, scorretto. Chi può decidere quale sia la forma “giusta” in cui una favola “va a finire”? O il testo “corretto”di una filastrocca dalle infinite varianti? O la “vera” successione di una festa  tradizionale, soggetta in momenti diversi a significative varianti e trasformazioni? O ancora, come distinguere l’”arte popolare” dall’arte ufficiale, evitando che la prima non finisse per essere, alla fine, se non una serie di espressioni “meno riuscite” della seconda?

Allora Grisolia preferì rinunciare, rimandando a tempi migliori la stesura di una legislazione ad hoc e raccomandando che nel frattempo–se non altro- questo multiforme patrimonio fosse schedato, registrato, studiato per impedirne la dispersione.

I tempi sono cambiati, e l’attenzione al settore si è allargata alle “culture” del mondo globale: l’UNESCO ha tracciato linee fondamentali anche sui beni immateriali con le varie convenzioni di Parigi: per la definizione del tema, fondamentale è la convenzione del 2003.

Nel nostro lavoro scopriamo ogni giorno che i confini tra le varie espressioni del fare umano sono labili e che una statua d’autore è sì un’opera d’arte, ma, se la si porta in processione, è anche parte di un rito, e che le esigenze di quest’ultimo vanno fatte coesistere con quelle della conservazione.

Pr contribuire alla conoscenza e alla conservazione dei beni e delle tradizioni nel territorio di nostra competenza,  daremo conto sul sito della Soprintendenza delle nostre esperienze e dei materiali e dei documenti, anche visuali, proposti dal pubblico

2017 - progetto, Sant’Antonio Abate nella cultura della Toscana meridionale